Giovedi ( tiepido )

Sto iniziando seriamente a trovarmi pesantemente noiosa e lagnosa.

Penseri in circolo sempre uguali senza una sostanza concreta. Questo continuo lamento della stanchezza, del peso della situazione che vivo, della delusione nata da MIE ed esclusivamente MIE aspettative nei confronti di tanti. Del bisogno di conferme, della pazienza che dico che non ho più e poi alla fine c’è ancora, anche perché se non l’avessi non cambierebbe niente. Sgarbata e spesso sgradevole nei confronti della mia famiglia, che è costretta a subire continuamente questi irrefrenabili scatti d’ira. Adesso pure in fase respingente nei confronti di chi ci prova ad avvicinarsi un pochino. Non rispondo spesso ai messaggi. Perché mi sono rotta il cazzo di rispondere a come stai.. e che non ho niente da dire perché le conversazioni che ne conseguono si esauriscono in 3/4 botta e risposta e il finale classico: appena possibile ti vengo a trovare. Non ho più scritto agli infermieri che m sono stati tanto vicino e di supporto il periodo dell’ospedale e che ci siamo tenuti in contatto. Rimbalzo il lavoro che credo ancora per poco continuerò ad avere.

Anche tutta questa pletora di parole la trovo pesantemente noiosa e lagnosa eppure non la smetto.

Anais

#pensieri #confidenze #emozioni

Martedì (corretto)

Oggi ho sentito questa canzone che non ascoltavo da tanto tempo e sarà che la voce di Mina è la voce di Mina. Emozionata come non ricordo per una canzone. Sentita tante volte, ma oggi quel:
sarà perché mi hai guardato come nessuno m’ha guardato mai…”

Mi chiedo se succederà ancora. Se dovrò accontentarmi di essere stata guardata come nessuno m’ha guardato mai solo da una persona. Se mi sentirò di nuovo viva per l’amore romantico.

E la riascolto. E quelle parole le sento nel petto vibrare e palpitare. Oggi è il giorno dei pensieri d’amore.

Anais

#amore #Mina #emozioni

Martedì (pazienza)

La pazienza l’ho sempre considerata una qualità che non mi è mai appartenuta. Anche per questo non ho mai amato i lavori manuali come fare la maglia o l’uncinetto o qualunque altro lavoro che ha bisogno di tempo per vederlo terminato. Se desideravo qualcosa, facevo in modo di soddisfare il prima possibile il mio desiderio. Perdevo entusiasmo e interesse e i miei desideri sparivano in breve tempo. Ho scoperto di possedere una scorta di pazienza, probabilmente quella inutilizzata negli anni. Dovrei sentirmi orgogliosa scoprendo le mie risorse. Ma sento il peso della stanchezza, mi sento così esausta certi giorni. Una pietra che scende sul fondo. Così stanca che anche i pensieri che ho bisogno di rigurgitare, si dissolvono come inizio a comporli. Come adesso … Che li abbandono a metà…

Anais

#tanchezza#pazienza#incompiuto#smarrire

Lunedì (pensati risolta)

2 anni fa in questi giorni, ero appena rientrata a casa. In un mese di riabilitazione ho reimparato a camminare, ad andare in bagno e non essere legata ad un catetere e indossare un pannolone. A lavarmi da sola e provare e riprovare a legarmi i capelli. A muovere faticosamente la mano. Credevo che tornare a casa sarebbe stato il mio nuovo inizio, che sarebbe stato tutto più facile. Quanto mi sbagliavo!!! Un’altra sberla. Di quelle che senti forte.

Desideravo una doccia come si desidera acqua nel deserto. Non so quanto tempo ci è voluto per entrare nella vasca (e no, non c’è una doccia in casa di mia madre), seduta su uno sgabello e mia mamma che mi lava. 48 anni e nuovamente bambina. Tutto difficile, tutto complicato. Tutto grida a squarciagola che non è finita, che è solo l’inizio. Neanche i mesi in ospedale sono stati così traumatici. Penso che fino a quel momento non avevo ancora preso coscienza di cosa mi fosse accaduto. Ancora oggi faccio un’immensa fatica a crederci. In questi 2 anni, non ho fatto altro che raccogliere informazioni per materializzare nella mia mente cosa e come (purtroppo solo ipotesi sul come) potesse essere reale tutto questo. È una traccia fantasma. Non ci sono ricordi che danno un senso. Non ci sono danni visibili che me lo mostrano. Quello che ancora mi trascino e mi impedisce di riprendere la mia vita in mano è la cosa più stupida e meno grave che ho subito. Non c’è traccia del coma, ho le cicatrici dei drenaggi ma sono ai lati appena sotto il seno. Rottura aorta toracica e succlavia, che non avevo idea di cosa fosse. Miracolata dicono. Tutto quello che potevo distruggere dentro il mio torace l’ho distrutto. L’hanno miracolosamente aggiustato, ma non si vede. Non lo vedo io, non lo vedono gli altri. Una settimana di terrore per la mia famiglia: “non garantiamo niente, è molto grave. Sarebbe meglio avvisare chi ritenete voglia vederla” Queste sono le morbose informazioni che cercavo e anche oltre, solo per renderlo nella mia testa reale. E certi giorni ancora non mi basta. Ma non posso ancora torturare gli altri a ricordare qualcosa che probabilmente non vogliono ricordare. E io imperterrita non mi do pace. Ho letto e riletto il referto del pronto soccorso e le dimissioni non so più quante volte. Eppure continua ad essere una cosa che non parla di me. Che non è successa a me.

Anais

Domenica (weekend)

Finalmente è finito o comunque manca poco. Credo sia stato uno dei più faticosi, dolorosi degli ultimi tempi. Non ho mai amato il sabato e la domenica ma da quando vivo questo straordinario incubo sono ancora peggio.

Le autoanalisi mi hanno preso al membro, la rabbia mi mangia dentro, la tristezza mi scorre nelle vene ormai. La paura e l’angoscia dormono nel letto con me. La solitudine mi fa compagnia per non farmi sentire sola.

No, non sarà per sempre! Finirà! La mia vita in qualche modo riprenderà una nuova “normalità” quotidianità. Ma quel momento si sposta in avanti da troppo tempo e io non sono famosa per la pazienza. Ne ho trovata tanta in 2 anni e mezzo. Ma resto sempre quella senza pazienza. E forse quella che avevo in dotazione è terminata.

Anais

Mercoledì (San Valentino)

Ho sentito l’impellente bisogno di scrivere, di dirmi qualcosa. Scritto il titolo e puff svanito tutto.     Tutto mi ribolle dentro, niente veramente svanisce, ma certe volte è tutto talmente troppo che non so riordinarlo, raccontarlo, spiegarlo. Implode ed esplode dentro il petto e non trova una fessura o una piccola crepa da cui sgorgare, sfiatare.     Mi ritrovo immobile e spiazzata dai miei stessi pensieri che si sparpagliano come tessere di un puzzle sul piano liscio che è diventata la mia mente.

Anais

Lunedì (mortui hodie oblitus eras)

Dopo una cosa come quella che mi è capitata, viene rimescolato e stravolto tutto. Tutte quelle che erano le tue convinzioni, i tuoi punti fermi, le tue priorità, la percezione che avevi di te stessa, degli altri. Le tue opinioni, le tue capacità. Sei stata violentemente disarcionata dalla tua vita. E devi prima rimetterti in piedi, poi cercare di rimettere insieme i pezzi. Soprattutto se riesci a ritrovarli tutti o quasi tutti. Ti accontentersti anche di quasi.

Ho perso memoria e coscienza. Ho perso indipendenza e fiducia. Ho perso coraggio e forza, più tanti altri piccoli frammenti di anima.

Sicuramente queste sono quelle che chiamano opportunità, seconde chance. Guai sprecarle!! Lo so benissimo! Ma sentirselo ripetere senza sosta, non lo so, è diventato odioso. Come: poteva andare peggio, ringrazia che sei viva, DEVI essere felice che sei viva. Abbi pazienza, piano piano, sei empre stata forte e lo sarai ancora. Coraggio! Non piangere! Non lamentarti! Le frasi motivazionali si sprecano. Mettiamoci pure che quello che mi ha quasi uccisa(o uccisa qualche istante), non si vede esternamente. Vedi le loro facce, soprattutto le prime volte che ti incontrano dopo l’incidente. Tutti si aspettano qualche cicatrice o non lo so, e quasi compiaciuti ti dicono senza nessuna empatia: “dai, pensavo peggio” e tu abbozzi un sorriso imbarazzato. Dopo due anni lo vedi e lo percepisci ancora di più e sembra quasi che volontariamente porti avanti la sofferenza e la fragilità di questo “piccolo” intoppo che è accaduto nella tua vita.

Sei arrabbiata come mai prima, sei impaurita come mai prima, sei fragile come mai prima, sei visibilmente vulnerabile come mai prima e sei sensibile come mai prima.

Seti ritrovi combattuta dal voler spiegare e raccontare cosa hai vissuto o tacere. Ma non ci sono praticamente mai dei veri interlocutori pronti ad ascoltarri e ad accoglierti in questa nuova veste, così fragile da andare in mille pezzi, in milioni di frammenti.

Spesso incontri la curiosità, altre volte la noia, altre ancora la presunzione. Ma rarissimi gli sguardi compassionvoli, comprensivi, accoglienti.

Ti ritrovi sola. Uno ad uno li vedi evaporare o sparire direttamente. Sei conscia che la vita scorre via velocemente e pienamente, ance la tua era così. Forse anche prima erano solo centinaia di comparse sul palcoscenico della mia vita, ma oggi che resto l’unica spettatrice e interprete di una vita che non so ancora mettere in scena; sento il gusto metallico dell’ abbandono, quello amaro della solitudine, quello aspro della delusione e il peggiore: quello stucchevole dell’ipocrisia.

So che supererò questa parentesi della mia vita, so che saprò mettere a frutto ciò che mi sta insegnando e mostrando. Ma fino alla consapevolezza devo ancora riordinare, maneggiare e lavorare questa vita che non conosco, non accetto e non capisco ancora.

Digerirò le delusioni, placherò le aspettative, farò tacere le paranoie e i sensi di colpa.

E allora, solo allora potrò dire di essere rinata.

E sarò davvero morta oggi e dimenticata domani.

Anais

4/12/21 Sabato (confusione)

Sono finalmente le 19 ed è il mio turno di visita.

Guardo la porta da dove entrano le visite, dalla vetrata vedo che è buio.

La vedo entrare; mascherina, cuffietta verde e camiciola dello stesso verde,che danno negli ospedali per entrare in terapia intensiva. Già! Ho scoperto che sono in terapia intensiva.

Ha i soliti occhiali sul suo naso minuscolo, intravedo un abitino a righe orizzontali nere e marrone. I suoi modi timidi e quasi ossequiosi nel salutare chi si trova nella stanza. La guardo, mi salgono le lacrime e mi sembra di rivederla piccola piccola. È sempre stata la mia bambina, quella da proteggere, supportare, consigliare, quella che mi vedeva come un modello da seguire (che stupidaggine).

Mi si avvicina, si mette di fianco al letto e mi sorride con la sua calma, mi tiene le mani, le sue sono fredde. Si china su di me, mi accarezza il viso e mi dice piano e con un tono di voce basso e calmo, di stare tranquilla, che è tutto ok, che adesso mi spiega. Io posso solo guardarla, tenerle le mani e piangere.

Ho paura. Una paura mai provata nella vita. Non ricordo neanche cosa pensavo in realtà. Ricordo solo questa paura, questo sentimento a me del tutto sconosciuto, che per la prima volta nella mia vita, non so spiegarlo, non trovo niente con cui poterlo mettere a paragone, non trovo un immagine, un suono o una sensazione che possa descrivere tutto quello che provavo oltre quella paura. Completamente confusa, la ascolto.

I miei ricordi sulle sue esatte parole sono imprecisi. Ma almeno avevo capito dove, perché e come mai mi trovavo lì. Trovo tanta difficoltà a capire. Non è possibile che mi sia capitata una cosa del genere, di questa entità. A me certe cose non capitano. È tutto dentro la mia testa, le mille domande che vorrei fare stanno sempre dentro la mia testa, non posso parlare con quel tubo e mi legano il braccio alla sponda destra continuamente. Il sinistro tanto non si muove.

Ma il braccio legato è un racconto che mi è stato riferito in seguito e che ho ricordato un anno dopo. Un flashback improvviso guardando un film. Da due anni, la mia vita è fatta di flashback, vuoti di memoria, domande morbose a chi forse vorrebbe non ricordare. Non vorrebbe tornare a quei giorni disperati, quei giorni che anche se non hai fede vorresti averla. Raschio ovunque informazioni. Non riesco a capire: incidente, frontale, eri sola, eri in coma. I ragazzi coinvolti stanno bene. Non piangere stai tranquilla il peggio è passato. Stiamo bene… non piangere domani viene mamma. Tranquilla.

Continua ad accarezzarmi il viso, le lacrime, i capelli (ormai un cespuglio) si avvicina l’infermiera e avvisa che è finito il tempo.

Quel giorno sono arrivate … senza filtri, senza senso e orribi. Incubi che non hanno il confine tra onirico e reale. Esistono, le vivi e basta!

Piacere noi siamo Al_luci_nazi_oni

Anais